Sarà così che Eric intraprenderà un lungo viaggio alla scoperta di sé rivelando, tra incontri inaspettati e interrogativi senza risposta, l’essenza di una vita che è tutte le vite.
La
sofferenza è ciò che ci rende diversi gli uni dagli altri.
Un ragazzo in viaggio alla
scoperta di sé stesso che si ritroverà a vivere mille esperienze e al
contempo a fare i conti con il passato.
Eric Paterniti, ormai
conscio della sua omosessualità , a diciotto anni, lascia Casal Torrente, il suo
paesello natale, per recarsi in Germania da Thorsten, venticinquenne conosciuto
su Internet. Da lì prende inizio un lungo peregrinare attraverso l’Europa e
fino in Ucraina, che lo porterà a contatto con persone diverse destinate a
lasciargli qualcosa per riportarlo, più consapevole o forse più confuso di
prima, al luogo d’origine.
Eric
aveva scelto di andare via dodici anni prima. Si era svestito di casa, famiglia
e villaggio e aveva indossato una seconda pelle. Chi era la persona che era
tornata? Non lo sapeva neppure lui.
Un diario di un’anima
in cerca del suo posto, di una stabilità che non trova, preda dell’inconscio
desiderio di lasciare un’”impronta” di sé nelle pagine del Tempo.
Per questo imprime le sue avventure e i suoi pensieri su di un taccuino.
Io
sto scrivendo un libro. Non è la mia memoria, è un modo per dire che ci sono
stato. Non mi rende più umano, mi rende me stesso.
Il personaggio di Eric
pare ricalcare in chiave moderna lo stereotipo pirandelliano di “uno,
nessuno e centomila”: esiste un solo “ragazzo” o più di uno, o non ne
esiste alcuno?, un gioco delle identità che disorienta e colma
d’insicurezze, in un valzer ininterrotto di interrogativi senza risposta che
tinge d’angoscia gli spostamenti da un luogo all’altro.
L’itinerario
è un continuo ritorno alle origini. Trovarsi. Lasciarsi andare e perdersi.
Ritrovarsi.
Un libro pregno di tristezza,
di amarezza e disincanto, la storia di una vita che ne racchiude
molte di più, alla ricerca di una felicità inafferrabile ed illusoria, perché
forse alla fine
[..]siamo
fatti per provare dolore. Inferni intrappolati nelle proprie gabbie, gusci in
ebollizione che si scontrano anziché incontrarsi.
Non solo coming out,
dunque, ma il ritratto fedele della crisi d’identità di una generazione che
non trova se stessa, peregrina in un mondo che non sa accoglierla e
tantomeno accettarla, in cui non è niente di più di un soffio di vento che vola
via senza lasciar traccia.
Forse
essere uomini significa questo, imprimere un marchio a fuoco nella pelle di
qualcuno che forse dimenticheremo, e che forse ci dimenticherà .
Consigliato a chi non
ha paura di confrontarsi con libri “impegnativi” che invitano alla riflessione!
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