venerdì 24 settembre 2021

Recensione: Il mastro di Forgia. Arma Infero - Fabio Carta

 




Titolo: Il mastro di Forgia. Arma Infero
Autore: Fabio Carta
Editore: Inspired Digital Publishing  (11 maggio 2015)
Giudizio: 💗💗💗💗

Su Muareb, un remoto pianeta anticamente colonizzato dall’uomo, langue una civiltà che piange sulle ceneri e le macerie di un devastante conflitto. Tra le rovine v’è Karan, vecchio e malato, che narra in prima persona della sua gioventù, della sua amicizia con colui che fu condottiero, martire e spietato boia in quella guerra apocalittica. Costui è Lakon. Emerso misteriosamente da un passato mitico e distorto, piomba dal cielo, alieno ed estraneo, sulle terre della Falange, il brutale popolo che lo accoglie e che lo forgia prima come schiavo, poi servo e tecnico di guerra, ossia "Mastro di Forgia", ed infine guerriero, cavaliere di zodion, gli arcani veicoli viventi delle milizie coloniali. Ed è subito guerra, giacché l'ascesa di Lakon è il segno premonitore di quel grande conflitto i cui eventi lui è destinato a cavalcare, verso l'inevitabile distruzione che su tutto incombe.





Recensione

Nell’individuo alberga il vizio come la virtù, il male come il bene, l’uno reazione complementare dell’altro, fratelli inconcepibili separatamente e che traggono valore dalla forza reciproca.



Karan è un vecchio che vive su Muareb, un piccolo pianeta di una galassia lontana colonizzato dall’uomo secoli addietro, che ora è soltanto una landa grigia desolata e radiottiva dopo aver sofferto una terrificante guerra nucleare.

Karan è al seguito di un gruppo di pellegrini determinati a raggiungere il “trono di Lakon”, il Martire Tiranno, colui che permetterà loro di accedere alla grande Mente delle stelle. Durante una riunione, egli si ritrova a narrare la sua storia, il suo incontro con Lakon, di cui fu amico e compagno d’arme…



E ora, fratelli, lasciate che vi narri di quei tempi, in cui le nuvole correvano rapide sopra gli aspri calanchi e di quando Lakon combatté per noi.



Un racconto fantascientifico originale e ben costruito, con personaggi interessanti e poliedrici che agiscono su di uno sfondo singolare e per questo affascinante, e con un linguaggio forbito ed in alcuni casi desueto che richiama alla mente i gloriosi poemi epici del passato. Guerra, intrighi, morte, gelosie e crisi psicologiche si contrappongono al cameratismo, ai valori, all’amicizia, all’amore ed alla voglia di emergere, plasmando un intreccio variegato e stuzzicante anche per i palati più esigenti.

Karan, ormai al tramonto dell’esistenza, ci porta a conoscere l’insolita quotidianità su Muareb prima della sua distruzione, l’organizzazione politica e militare, l’architettura urbana ed i vari accorgimenti tecnologici necessari alla sopravvivenza in un ecosistema ostico, le sofisticate armi e i veicoli in dotazione ai soldati, le differenze sociali tra i cittadini e le varie colonie, le divergenti visioni degli equilibri e del futuro, le superstizioni e le credenze religiose radicate nel tessuto territoriale.

Attraverso le sue parole siamo introdotti alla figura metà umana metà aliena di Lakon, che da semplice schiavo diviene una sorta di divinità in terra, recando con sé da un lato la paura e l’attrazione per l’ignoto, e dall’altro il simbolo della volontà di cambiamento di una realtà corrotta ove non c’è più spazio per il compromesso. La sua estrema razionalità coniugata all’affidamento alle “sensazioni”, ed il suo anelito al trascendente, alla comunione con tutti gli esseri viventi, rappresenta appieno quel sogno di libertà e fratellanza insito in ognuno, per raggiungere il quale si è disposti ad immani sacrifici.



 …io non sono un uomo qualsiasi come tutti voi…e finché non troverò delle risposte ai miei dilemmi, io resterò un vaso vuoto, pieno solo di parole.



Un libro all’apparenza esclusivamente dalla finalità ludica, che racchiude invece in sé ad uno sguardo attento un profondo bagaglio psicologico e culturale volto a stimolare la riflessione e a scuotere le coscienze, una storia per la maggior parte pregna d’orrore eppure imbevuta di speranza al contempo, un’appassionante biografia che vede nella tragicità la possibilità di purificare il proprio spirito.



I peccatori che hanno deviato dalla vera natura umana della vita nella connessione, quella che fu in origine qui su Muareb, hanno ora l’occasione di ricongiungersi e porre fine al loro blasfemo stato di disconnessi, di dispersi.



Come primo volume di una serie, devo ammettere che è stato davvero accattivante e trascinante. L’unica pecca che mi sento di sottolineare è l’eccessiva prolissità delle descrizioni tecniche che, per i profani del settore, risulta per lo più incomprensibile e noiosa.

Consigliato agli appassionati del genere ed anche a chi ama le letture  “impegnative”!

 

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