martedì 15 marzo 2022

Recensione: Un cuore al buio. Kafka - Manuela Cattaneo della Volta, Livio Sposito

 




Titolo: Un cuore al buio. Kafka
Autore: Manuela Cattaneo della Volta, Livio Sposito
Editore: Brioschi (17 febbraio 2022)
Giudizio: 💗💗💗💗💗

Questo libro racconta di cinque donne che hanno trovato il coraggio di amare un uomo terrorizzato dall’amore. Felice, Grete, Julie, Milena, Dora: personalità molto diverse l’una dall’altra, ma tutte dal cuore generoso, impegnate nella vita privata e sociale, intelligenti e curiose. Attratte dall’uomo e dallo scrittore, nessuna di loro è riuscita a legarlo a sé. Lui, Franz Kafka, le ha desiderate e respinte, persino dissuase dall’amarlo, esibendo di volta in volta le sue nevrosi, il difficile rapporto col padre, la religione, la malattia, ma soprattutto la forza totalizzante della letteratura. E loro hanno lottato senza resa, tanto da riuscire a guardare in fondo al buio che si annidava dentro di lui, un buio che gli ha sempre impedito di abbandonarsi all’amore. Nessuna gli ha portato rancore per questo, perché nonostante lui si definisse “freddo, insensibile ed egoista”, aveva dimostrato di voler vincere i suoi timori. Questa è una storia romanzata: seguendo le tracce di testimonianze scritte, tutte vere, gli autori hanno interpretato le emozioni e i sentimenti raccontando cosa hanno provato, sentito, le donne di Kafka, nella speranza di avvicinarsi alla più vera verità possibile.





Recensione


Non si può sfuggire a sé stessi. È il destino.



Franz Kafka è sicuramente uno dei più brillanti scrittori del panorama letterario con le sue opere per lo più fondate sull’insensatezza e la precarietà della vita, in cui dolore e crudeltà la fanno da padrone. Ma chi era davvero Franz? Chi era l’uomo che impugnava la penna da cui sono sgorgati capolavori immortali? Era un essere umano come gli altri, con una propria personalità, proprie fragilità e demoni da combattere, paure, o meglio, PAURA, di cui lui andava ironicamente fiero.



 

La paura è forse la parte migliore di me. [..] Che cosa, infatti, si potrebbe trovare in me di tanto degno d’amore? La paura però è degna d’amore.



Viene descritto da chi l’ha conosciuto come un individuo gentile, premuroso, paziente, rispettoso, attento agli altri, “profondamente buono e sincero”, quanto rigoroso e severo con le sue creazioni d’inchiostro, che riteneva lo scopo principe della sua esistenza. Scopo dinanzi al quale anche i rapporti con le donne passavano inesorabilmente in secondo piano.



Kafka non voleva rinunciare alla sua esigenza di vivere «in modo fantastico solo per il mio lavoro».



Ammalatosi di tubercolosi, malattia che lo costringeva a frequenti soggiorni “curativi”, si dedicò ancora più alacremente alla scrittura, consapevole e per nulla spaventato dalla fine incombente, che gli conferì invece una sensibilità ed un rigore spirituale quasi incredibili coi quali poté vedere il mondo “con una tale chiarezza e precisione da non poterlo sopportare, da doverne morire”. Riteneva il suo essere vivo una colpa da espiare, giorno dopo giorno, e lo scrivere era il suo modo di “chiedere scusa”, un compito che svolse fino all’ultimo attimo possibile.



Franz scrisse fino a due giorni prima di lasciarmi. Non poteva già più parlare: ed ecco novelle, appunti, idee, lettere e bigliettini per comunicare con ognuno di noi.



A causa di questi ragionamenti estremi, le sue relazioni erano destinate a risolversi inesorabilmente quando dallo scambio epistolare si passava agli incontri e ai progetti comuni. L’innamoramento, la ricerca della felicità erano per lui un mezzo di evasione dalla colpa da espiare: anche se provava sentimenti forti, ne temeva il vincolo, e malgrado le sue buone intenzioni, non riusciva a liberarsi dalle catene che lui stesso si era eretto intorno.



Era il suo destino scontentare tutti. Egli se ne addolorava ma non poteva opporsi a quel destino che con la sua mente aveva costruito.


Un uomo terrorizzato, letteralmente. Che nell’amore vedeva o credeva di vedere una prigione.



Solamente negli ultimi anni della sua vita Kafka trovò il coraggio di mettere da parte i suoi “tormenti” e andò a convivere con Dora Diamant a Berlino. Un periodo sereno, con momenti felici ed altri meno, ma che sicuramente lo portò a condividere anche la sua attività letteraria con un’altra persona, cosa impensabile precedentemente.



Vivo nella certezza, e non perché me lo disse anche Franz, ma perché lo sentii allora e dopo, che lui vide qualcosa in me, qualcosa di più grande di noi due, vide in un lampo, o magari nella mie mani chissà, il nostro futuro, il mondo con noi due insieme, uniti.



Attraverso testimonianze scritte, rigorosamente vere, il libro dà voce a cinque donne (Felice, Grete, Julie, Milena e Dora) che hanno amato un uomo che aveva paura d’amare. Impegnate socialmente, indipendenti, intelligenti e forti, queste donne hanno combattuto per aiutarlo a squarciare il velo oscuro che ammantava il suo animo, lasciandolo senza rancore alcuno quando erano costrette ad arrendersi. Un libro interessante, appassionante e sorprendente che mira a far conoscere il Kafka uomo al posto del Kafka scrittore, per poter comprendere meglio il naturalismo, la sofferenza e l’angoscia di cui sono impregnate le sue opere. Un libro che commuove e al tempo stesso dona speranza, la speranza che l’amore possa nascere e fiorire colorando almeno un po' anche il giardino arido di un cuore “al buio”!



Mi appagava la convinzione che Frank mi aveva dato tutto ciò che poteva darmi. Se una persona ha solo una mano e ti regala le sue cinque dita, non puoi chiedere di più.

 

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