Recensione: Il regno di rame - S.A. Chakraborty

 





Titolo: Il regno di rame
Autore: S.A. Chakraborty
Editore: Mondadori (2 marzo 2021)

Giudizio: 💗💗💗

La vita di Nahri è cambiata per sempre nel momento in cui ha accidentalmente evocato Dara, un misterioso jinn. Fuggita dalla sua casa al Cairo, si è ritrovata nell'abbagliante corte reale di Daevabad, immersa nelle cupe conseguenze di una battaglia devastante, e lì ha scoperto di aver bisogno di tutto il suo istinto truffaldino per sopravvivere. Anche se accetta il suo ruolo ereditario, sa di essere intrappolata in una gabbia dorata, controllata da un sovrano che governa dal trono che una volta apparteneva alla sua famiglia: basterà un passo falso per far condannare la sua tribù. Nel frattempo, Ali è stato esiliato per aver osato sfidare suo padre. Braccato dagli assassini, è costretto a fare affidamento sui poteri spaventosi che gli hanno donato i marid. Così facendo, però, minaccia di portare alla luce un terribile segreto che la sua famiglia ha tenuto nascosto a lungo. Intanto, nel desolato nord, si sta sviluppando una minaccia invisibile. È una forza capace di portare una tempesta di fuoco proprio alle porte della città. Un potere che richiede l'intervento di un guerriero combattuto tra un feroce dovere a cui non potrà mai sottrarsi e una pace che teme di non meritare mai.




Recensione

Rituffiamoci nel mondo caldo e colorato, esotico, dell’antico Egitto col secondo volume di La città d’ottone, Il regno di rame. A distanza di tanto tempo, ritornare nel mondo creato dalla Chakraborty è stato abbastanza faticoso: chi si ricordava tutti i cinquemila nomi di tutte le tribù presenti nel romanzo?

Come nel precedente, anche qui il romanzo è strutturato in tre punti di vista. Il primo è quello di Nahri, la nostra protagonista dai poteri magici che usa al fine di guarire la popolazione di  Daevabad, dove ormai è rimasta da sola coi suoi nemici. O meglio, col suo nemico: il re Ghassan, colui che governa il regno che in passato apparteneva alla tribù di Nahri e che, per controllarla, la obbliga a sposare suo figlio Muntadhir. Nahri, da brava truffatrice e bugiarda, accetta tutto ciò col fine di riuscire, prima o poi, a trovare quella falla che possa condannare Ghassan e liberare dalle ingiustizie tutti quei popoli che subiscono le sue angherie.

Il secondo punto di vista è quello del principe Alizayd, fratello minore di Muntadhir,  ormai esiliato via da Daevabad da suo padre, che non accetta le nuove “condizioni” di suo figlio. Dopo un feroce scontro a fine libro di La città di ottone, infatti, Alizayd era “rinato” con nuove capacità fuori dal normale, capacità che la sua famiglia vede come orrori e rinnega il ragazzo come mostro e traditore.

L’ultimo è quello di Dara, il guerriero centenario dal passato tormentato, che pensavamo fosse morto nel primo volume e invece *rullo di tamburi* no! Capace, adesso, di trasformarsi in un essere terribile e potentissimo, si appresta a tornare a Daevabad per uccidere il re Ghassan e tutti i suoi fedeli, e salvare la sua amata Nahri.

 

  

Cazzo. […] Sei proprio tu. Solo tu puoi ritornare dalla morte una seconda volta e dare immediatamente il via a un’altra stramaledetta guerra.

 

 

Anche in questo romanzo, l’autrice usa la tecnica del “salto temporale” per rendere la trama più “credibile”, ma sinceramente, come nell’altro volume, fa perdere tante piccole parti al lettore che poi non capiscono bene come alcuni rapporti siano evoluti. Ad esempio, quello tra Nahri e Muntadhir, dove avevamo lasciato il ragazzo che sembrava odiare, disprezzare, Nahri, e lo ritroviamo ora farfallone e quasi “adorante”. Stessa cosa era successa in La città di ottone, col rapporto tra Nahri e Dara.

Mi è molto piaciuta, invece, la caratterizzazione di Alizayd e il suo percorso verso l’accettazione della sua nuova vita. Da guerriero destinato a vivere al fianco del fratello, per proteggerlo e difenderlo, ora deve costruirsi una nuova vita partendo da zero, cercare di capire questi nuovi poteri che non desiderava affatto, e venire a patti con l’idea che quella che considerava la sua amata famiglia ormai lo vuole morto.

 

 

Non so come piegarti. […] Ti ho minacciato, ho ucciso i tuoi alleati shafit, ho bandito tua madre, ho lasciato che ti inseguissero gli assassini… e tu ancora mi sfidi.

 

 

Gli intrighi politici fanno da padrone all’intera narrazione, e sono la colonna portante di questa storia, rendendola affascinante e coinvolgente (una volta chiariti, nella propria mente, tutti i nomi delle popolazioni!).

Davvero noiosa e ridondante la parte di Dara, per quanto mi riguarda, sempre con gli stessi problemi e filosofia di vita, morali infinite e persone da uccidere. Purtroppo anche il personaggio di Nahri non mi convince, non riesco a entrarci in sintonia, per quanto mi piaccia il suo rapporto con Alizayd. Non lo capisco, ecco, è troppo fumosa, né carne né pesce.

Carino Muntadhir, con le sue battute ironiche, che regala quella parte LGBT alla storia; e da oscar il re Ghassan per la sua parte da “cattivo senza cuore”.

I colpi di scena… prevedibili e senza entusiasmo. Sinceramente speravo in qualcosa di molto di più, ma tutto sommato è stata comunque una storia abbastanza coinvolgente da spingermi a leggere il prossimo e ultimo capitolo. Incrociamo le dita! 


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