Titolo: Ho imparato ad odiarti
Autore: Vi Keeland e Penelope Ward
Editore: Always Publishing (18 luglio 2020)
Giudizio: 💗💗
Tutto è iniziato con un misterioso biglietto cucito dentro un abito nuziale. Ero andata in un negozio dell’usato per disfarmi del mio vestito da sposa, così da togliermi di torno la rappresentazione in pizzo e merletti del mio fallimento sentimentale. E tra le cianfrusaglie ho scoperto che qualcuno aveva avuto la stessa idea. Così ho dato un’occhiata al meraviglioso modello a sirena di qualche altra relazione andata in frantumi e, con sorpresa, ho trovato il misterioso messaggio: “Grazie per aver trasformato ogni mio sogno in realtà ”. C’era anche una firma: Reed Eastwood, apparentemente l’uomo più romantico che sia mai esistito. Non sono riuscita a trattenere la curiosità . Non solo l’ho cercato, scoprendo che è bellissimo, ma ho anche deciso che avrei fatto di tutto per capire che cosa abbia mandato in frantumi il suo fidanzamento. Chi l’avrebbe mai detto che per uno strano scherzo del destino sarebbe diventato il mio capo?
Recensione
Dirò solo due parole per descrivere questo libro: che – noia. No, dai, scherzo! Ma mica così tanto…
Facciamo questa premessa: Ho imparato ad odiarti non è un brutto libro. Soprattutto
per chi ama il genere ti-voglio-ma-non-posso,
o ama le semplici storie d’amore senza troppe novità /pretese, o per chi si
affaccia per le prime volte nel mondo romance… Sono sicura che apprezzerÃ
tantissimo questo romanzo.
Per me, che di cose simili ne ho letto e riletto, Ho imparato ad odiarti è stata una botta
in fronte che non vedevo letteralmente l’ora di chiudere e dimenticare per
sempre! Ho trascinato questa lettura per giorni interminabili (sia per
scrivervi questa recensione che per mettere un punto al romanzo, dato che odio
lasciare le cose a metà … ahimè!) e
finalmente siamo qui!
Qualcuno magari si starà chiedendo: perché mai hai iniziato
questo libro se già pensavi di odiarlo? No, in realtà speravo nel contrario. Avevo leggiucchiato qualche
recensione in giro e, visti i pareri abbastanza postivi, mi sono detta: chissÃ
che Ho imparato ad odiarti non sarÃ
bello come Un diavolo arrogante, un
romanzo apparentemente banale e che invece si è rivelato molto divertente e
molto piacevole!
….No, no, no. Divertimento e piacevolezza sono state le
ultime cose che ho ritrovato qui, dove ho letto soltanto roba trita e ritrita,
noia e voglia di tagliarsi le vene con le pagine.
La protagonista, una pazza svitata di nome Charlotte, trova
un abito da nozze piumato (mmmh
bellissimo!) in un negozio d’usato dove aveva portato a vendere il suo, mai
usato per via di un bel paio di corna fresche fresche sulla testa, e decide di
portarselo a casa. Sì, perché al suo interno trova cucito un dolcissimo
biglietto d’amore (che, a parer mio, è
stata l’unica cosa bella di questo romanzo) firmato da un certo Reed
Eastwood. Cercando il nome su facebook, chi
trova? Ma un bellissimo e fighissimo miliardario e, incuriosita, decide di
prendere appuntamento con lui, dato che è proprietario di un agenzia
immobiliare, e vedere assieme una delle case in vendita, fingendosi una
riccona.
Qui c’è una scena esilarante, lo ammetto, una di quelle
iniziali che ancora mi dava qualche briciolo di speranza, dove lei, da ubriaca,
sul modulo richiedente, scrive che fa “lezioni di surf ai cani”. Una piccola perla
che mi ha fatto sorridere…. ma che fa anche presagire la pazzia di questa
donna! Proseguiamo, così capirete meglio.
Dopo questo “appuntamento” imbarazzante con Reed che la
sgama subito per la stracciona /imbrogliona che è, Charlotte corre in bagno a
piangere e lì incontra una donna che la consola e le offre anche un lavoro! Già , e che lavoro… Il lunedì, infatti,
Charlotte scopre che quella donna è la nonna di Reed e il suo lavoro consiste
nel fargli da assistente personale! Reed, giustamente, fa presente che non vuole una pazza bugiarda che
sguazza nei suoi dati personali, ma la nonna ormai è best-friend con
Charlotte e non lo calcola. Ed è così che inizia quello che più di tutto mi ha
sconcertato dell’atteggiamento di Charlotte: immagino che ciò che sto per
elencarvi, a molte, potranno sembrare comportamenti simpatici, delle chicche
che rendono la protagonista unica nel suo genere… Per me no. Mi
dispiace, ma l’ho vista in tutt’altra luce.
Dopo aver appurato che Reed è il suo capo, Charlotte diventa
talmente professionale che nelle
discussioni con lui, essendo lei bassa, per essere al suo “stesso livello” si
mette in piedi sulle sedie con le rotelle
per urlargli contro (molto imbarazzante che sia dovuta intervenire la nonna per
sgridarli….). Gli chiede esplicitamente senza mezzi termini, così dritto in faccia, che fine abbia fatto
la sua ex fidanzata che doveva sposare (ricordate
che lei ha il suo vestito da sposa piumato?) e quando lui le dice, ancora una volta giustamente, di
farsi gli affari suoi e non mettere il naso nella sua vita privata, lei si
offende e si arrabbia!
Ma il peggio deve ancora venire. Se Charlotte può anche
passare per personaggio “bizzarro”, “diretto”, che “non molla”, e quindi per alcuni lettori “si salva”, Reed è tremendo. L’ho
adorato solo quando, visto che si conoscevano da cinque minuti, le dice di
farsi gli affari suoi e restare fuori dalla sua vita privata, ma esattamente
due secondi dopo le corre dietro per scusarsi come un cagnolino.
Avevamo entrambi bisogno di una dannata consulenza.
Passati i primi minuti di “conoscenza”, diventa totalmente
ossessionato da lei (come il più classicone degli stereotipi) però è frenato
nell’andarci oltre (altrimenti come ci
arriviamo a fine romanzo?). Le fa scenate di gelosia per qualsiasi essere
maschile che le si avvicini, o qualsiasi episodio fraintendente.
Ma l’episodio clou è quando le chiede di fargli vedere la
biancheria intima che quella povera crista si era comprata nella sua pausa e poi se ne va.
Sapevo di essermi spinto troppo oltre. Ero il suo capo, e le avevo
appena chiesto di farmi vedere le mutande. Le stavo accarezzando. […]
“Buonanotte”, dissi, riconsegnandole le mutande e uscendo in tutta
fretta dal suo ufficio.
E se, singoli, sono pazzi da legare, figuratevi insieme! Charlotte si mette in testa di fare una
sorta di lista dei desideri, dove Reed la aiuta, e c’è questa scena dove la
donna deve guidare un camion. Sono in uno spazio vuoto in mezzo al niente e a
un certo punto il camionista proprietario del mezzo decide di scendere un
secondo per concedere ai due un po’ di privacy. Dare un
po’ di privacy non vuol dire fare
le zozzerie, come la intendono i nostri due eroi, che sembrano proprio
dimenticarsi dell’omone lì fuori tutto solo che potrebbe sentirli e vedere e
dar loro dei gran cafoni e maleducati a lasciarlo così tanto a fare un cavolo! Sul
serio, per tutto il capitolo mi sono chiesta: ma le autrici si sono scordate di questo tizio fuori dal camion??
Mentre si rannicchiava nel letto per mettersi più comoda, era evidente
che Charlotte non avesse intenzione di uscire dal camion da lì a breve.
Reed è l’uomo che
abbiamo visto già in centinaia di libri: non vuole cedere alla tentazione, ma
la sua volontà è sottile come un foglio di carta velina. È teoricamente
distrutto dall’essere stato lasciato dall’amore della sua vita Allison ma ogni
due per tre ha un motivo per criticarla: dalle sue tette “al duro silicone” (ma che è, cemento?!), al suo egoismo, al suo attaccamento ai soldi, e non ha nessuna
ragione valida sul perché la amasse “tanto”. Sul finale scopriamo finalmente perché ci mette tanto a “concedersi”
all’invasata Charlotte, che per tutto il romanzo ha cercato di saltargli
addosso, e finalmente abbiamo qualcosa di un po’ “nuovo”. Un motivo che almeno fa riflettere, e da un po’ di “spessore” alla sua
indecisione.
Anche il percorso di Charlotte ha una specie di svolta. La
donna è infatti stata adottata e, grazie a Reed, risale finalmente alla sua
mamma biologica. Lasciando stare il “ricongiungimento” banale e da Mulino
Bianco con la sua famiglia di cui non sapeva neppure l’esistenza, trova la
madre in pessime condizioni di salute ma, ehi!, prima di farsi prendere dallo
sconforto, trova il tempo di mettersi a ballare fuori all’ospedale per spuntare
un’altra voce dalla lista dei desideri.
Scelse un momento insolito per farlo, ma conoscendo Charlotte, potevi
aspettarti di tutto.
Unica nota positiva di spicco in questa pazzia è la nonna di
Reed, che nelle sue poche apparizioni dice due o tre cosette sagge che è meglio
segnarsi.
“E tu tesoro, ricordarti che viviamo a New York. Ci sono due cose a cui
non devi mai correre dietro: i treni e gli uomini. Perché ce n’è sempre un
altro pronto a prenderci a bordo dietro al primo”
“Sei già stata ferita prima d’ora, e con Reed stai combattendo una
battaglia in salita. Non dimenticarti di mettere te stessa al primo posto.
Insisti con Reed, ma insisti anche con te stessa, Charlotte.”
Tra una protagonista
troppo invadente (a volte quasi
maleducata, per me), un protagonista
cagnolino e cavernicolo, Ho imparato ad
odiarti non mi ha convinto. So che le due autrici Vi Keeland e Penelope
Ward sono molto amate, ma probabilmente per i miei gusti non vanno bene. Posso
salvare solo la tenacia di Charlotte nel non mollare mai (ma proprio mai) quando vuole qualcosa… Due o tre
frasi divertenti, qualche scena che voleva essere sexy (come Reed che accarezza
le mutande nuove di Charlotte in
ufficio) ma che a me sono sembrate estremamente imbarazzanti… Un po’ di dramma non troppo approfondito
e risolto velocemente con un happy ending… Insomma,
non è qualcosa che fa per me. E
ripeto per la milionesima volta, per
me, poiché sono sicura che le amanti del genere lo adoreranno! Allo stesso tempo, spero di salvare chi ha
gusti simili ai miei dall’iniziare un libro che non combacia con le nostre
aspettative, e quindi dalla delusione. Non è tra i libri più brutti che
ho letto, il problema è stato non trovare niente di nuovo che mi invogliasse a
continuare la lettura, e quindi sconfinare nella noia. Spero che voi lo
troviate più appassionante, ve lo auguro, perché non c’è niente di più orribile
che annoiarsi con un libro!
Penso sia meglio trascorrere anni a conservare un ricordo che a volte
potrebbe ferirci che non averne nessuno.
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